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Pannello Cena in Emmaus
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Pannello dell’Altare
Flavio Grasso
Cena in Emmaus
Sec. XXI (2022)
Pietra locale – marmo e terracotta con refrattario bianco
Church of Archagel Michael
Il pannello in terracotta con refrattario bianco, opera di Flavio Grasso, riproduce la scena della cena in Emmaus dopo l’incontro sulla strada, ripresa dal Vangelo di Luca (24, 13-31):
“Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò loro: “Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.”
Il pannello riproduce il momento esatto in cui Cristo siede a tavola con i due discepoli e, dopo aver recitato la benedizione, spezza il pane.
Il Cristo è al centro tra Cleopa e un discepolo che l’evangelista Luca lascia anonimo con l’intenzione di permettere il lettore di identificarsi con quel personaggio e quindi a farsi compagno di viaggio con Cleopa e con Gesù.
Grasso rende questo messaggio con gli occhi dei personaggi. Il Cristo ha lo sguardo rivolto verso di noi, così come Cleopa, l’altro personaggio, invece, ha gli occhi chiusi, un po’ per lo stupore e un po’ per favorire questa identificazione. Cristo e i suoi discepoli si offrono a noi ma siamo noi, comunque, a scegliere se vogliamo o meno aprire gli occhi e seguirlo.
R. M.
in costruzione
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Affresco San Giovanni Nepomuceno
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Affresco
Ambito campano
San Giovanni Nepomuceno
Sec. XIX
Church of Archagel Michael
L’affresco, gemello del parallelo San Filippo Neri, fa parte di una coppia di opere raffiguranti i Santi della Confessione. San Giovanni Nepomuceno è il martire del sigillo sacramentale.
Nasce a Nepomuk, in Boemia nel 1330. Comincia gli studi ecclesiastici nella città di Praga dove fu consacrato sacerdote dall’arcivescovo di quella città.
Appena ordinato, si diede con zelo alla sacra predicazione e il re Venceslao lo volle come predicatore di corte, mentre l’arcivescovo lo nominò canonico della cattedrale.
Per le sue doti morali e spirituali, la moglie di Venceslao, la regina Giovanna di Baviera, lo nominò suo confessore e direttore spirituale.
Ad un certo punto il re Venceslao incominciò a sospettare che la moglie era diventata infedele e chiese ripetutamente a Giovanni Nepomuceno di rivelargli quello che la regina gli diceva in confessione. Il Santo si rifiutò più volte e dopo varie minacce e torture, fu condannato ad essere gettato vivo nel fiume Moldava.
Durante la notte il Santo, legato e imbavagliato, fu trasportato sul ponte Carlo, che attraversava il fiume Moldava, e gettato nella corrente. Era il 16 maggio 1683.
L’opera, meno malridotta rispetto all’altra, raffigura il Santo all’interno di una stanza mentre in ginocchio viene assistito da alcuni angeli e da una figura celestiale. Sullo sfondo, attraverso una finestra arcata, si vede la raffigurazione del suo martirio, ovvero gli sgherri del re Venceslao che da sopra il ponte gettano il Giovanni Nepomuceno nel fiume.
L’opera fu realizzata durante i lavori di ristrutturazione voluti dall’abate Modestino Troise, durante la metà dell’Ottocento.
R. M.
in costruzione
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Affresco San Filippo Neri
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Affresco
Ambito campano
San Filippo Neri
Sec. XIX
Church of Archagel Michael
L’affresco, gemello del parallelo San Giovanni Nepomuceno, fa parte di una coppia di opere raffiguranti i Santi della Confessione. San Filippo Neri “si dedicò, con grande passione, al ministero della Confessione, fino alla sera del suo ultimo giorno terreno” (Papa Francesco).
Nasce a Firenze il 21 luglio 1515. Studia presso i domenicani del convento di S. Marco. Non ha ancora 18 anni quando si trasferisce a S. Germano vicino Montecassino, per apprendere da un ricco zio l’arte del commercio; tuttavia questa attività però non lo soddisfa e decide di spostarsi a Roma dove un fiorentino, Galeotto Caccia, gli offre l’alloggio in cambio dell’educazione dei figli. Qui completa la sua formazione e inizia a frequentare le Chiese di Roma e soprattutto le catacombe di S. Sebastiano, dove, il giorno di Pentecoste del 1544, riceve lo Spirito Santo sotto forma di globo di fuoco.
Nel 1548, ancora laico, fonda la confraternita della SS.Trinità dei pellegrini e convalescenti. Essa diventa, ben presto, una scuola di volontariato per molti collaboratori dediti alla cura degli ammalati e all’accoglienza dei pellegrini, in particolare durante l’anno santo del 1550.
Nel 1551 Filippo è ordinato sacerdote e prende alloggio presso la chiesa di S. Girolamo della Carità, dove, a contatto con i giovani e le realtà più povere di Roma, fonda il primo oratorio.
Nel 1563 è nominato rettore della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, pur continuando a vivere a S. Girolamo della Carità. Nel 1575 papa Gregorio XIII gli assegna la chiesa di Santa Maria in Vallicella, ove fonda la nuova congregazione dei preti e chierici secolari.
Muore a Roma presso la chiesa di Santa Maria in Vallicella il 26 maggio 1595.
L’opera, piuttosto malridotta, rappresenta San Filippo Neri che riceve un’apparizione celestiale. Il Santo è rappresentato con i paramenti sacri mentre legge un libro, quando, all’improvviso una forte schiera di angeli invade la stanza e gli presenta un’immagine della Vergine. Il Santo abbandonato il leggio, s’inginocchia e contempla l’immagine della Vergine.
L’opera fu realizzata durante i lavori di ristrutturazione voluti dall’abate Modestino Troise, durante la metà dell’Ottocento.
R. M.
in costruzione
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Affresco del Battesimo di Cristo
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Affresco
Ambito campano
Battesimo di Cristo
Sec. XVIII e XIX
Church of Archagel Michael
All’ingresso della Chiesa di San Michele, nella prima cappella a sinistra, è riprodotto un affresco raffigurante il Battesimo di Cristo. Quest’affresco risale alla metà del XIX secolo e fu voluto dall’abate Modestino Troise, in sostituzione del precedente affresco settecentesco, con lo stesso soggetto, di cui, durante i lavori di restauro post terremoto, sono stati ritrovati i resti.
Il secondo affresco fu realizzato dopo la costruzione dell’antiporta, la quale andava in parte a coprire il primo affresco.
R. M.
in costruzione
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Basamento di San Michele Arcangelo
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Basamento
Flavio Grasso
Basamento di San Michele Arcangelo
Sec. XXI (2021)
Breccia irpina e terracotta
Church of “San Michele Arcangelo”
Basement
Flavio Grasso
Base of St. Archagel Michael
21st century (2021)
Breccia irpina end terracotta
In occasione dell’ultimo restauro della Statua di San Michele Arcangelo si è provveduto anche alla realizzazione di nuovo basamento per la scultura, di solito sistemata su basi mobili.
L’incarico del nuovo basamento è stato dato allo scultore Flavio Grasso, che ha realizzato tre pannelli in terracotta in refrattario bianco, incastonati in una struttura in breccia irpina.
I tre pannelli riproducono rispettivamente la processione di San Michele per le strade di Grottaminarda e alcuni monumenti che caratterizzano la storia e la cultura grottese.
Il primo pannello riproduce la processione con la statua di San Michele che esce dalla propria Chiesa. Il secondo pannello, quello centrale, riproduce la Chiesa di Santa Maria Maggiore, il Castello d’Aquino, la Chiesa di San Michele Arcangelo e la fontana di Largo Mercato.
Il terzo pannello riproduce un altro momento della processione di San Michele, quello mentre attraversa Largo Sedile. Sullo sfondo, a sinistra, s’intravede l’antica Porta di Sant’Angelo, andata distrutta a causa del terremoto del 23 novembre 1980.
R. M.On the occasion of the last restoration of the statue of St. Michael the Archangel, a new base was also built for the sculpture, usually placed on mobile bases.
The task of the new base was given to the sculptor Flavio Grasso, who created three panels, set in a structure in Irpinia breccia.
The three panels respectively reproduce the procession of San Michele through the streets of Grottaminarda and some monuments that characterize Grottese history and culture.
The first panel reproduces the procession with the statue of San Michele coming out of its church. The second panel, the central one, reproduces the Church of Santa Maria Maggiore, the Aquino Castle, the Church of San Michele Arcangelo and the fountain of Largo Mercato.
The third panel reproduces another moment of the procession of San Michele, the one while crossing Largo Sedile. In the background, on the left, you can glimpse the ancient “Porta di Sant’Angelo”, which was destroyed in the earthquake of November 23rd, 1980.
R. M.
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Campanile di San Michele Arcangelo
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Campanile
Ambito irpino
Campanile di San Michele
Sec. X-XII
Church of Archagel Michael
Il Campanile di San Michele Arcangelo, noto anche come Campanile di Sant’Angelo, è la testimonianza architettonica più antica e conservata del territorio di Grottaminarda. Il primo impianto risale al X secolo.
È stato più volte vittima dei vari terremoti che si sono susseguiti nel corso dei secoli, ma sempre è stato ripristinato nelle forme antiche. Tra i tanti terremoti ricordiamo quello del 1125, del 1456, del 1688, 1694, 1702, 1732, 1930, 1962 e del 23 novembre 1980. L’ultimo fu il più invasivo perché distrusse l’ultimo piano e ne compromise la fisionomia e la stabilità architettonica.
La caratterizzazione principale del campanile è costituita dal fatto che per tutta la sua altezza sono stati impiegati dei materiali di spoglio provenienti probabilmente da un vicino insediamento di origine classica.
Gli studiosi, nonostante le varie manomissioni d’età moderna , riconoscono nella struttura due interventi principali: uno del X- XI secolo e uno avvenuto tra la fine dell’XI e il XII secolo, con buona probabilità dopo il terremoto del 1125.
Il campanile, per tecnica e tipologia ricorda, tra gli altri, il campanile della Cattedrale di Avellino, le torri della cinta muraria di Benevento, la torre Febronia dell’Abbazia di Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi.
Il campanile, oltre alle normali funzioni religiose, aveva anche una funzione di controllo e di difesa come dimostra la feritoia, rivolta verso una delle porte di accesso alla cittadina, l’antica porta Sant’Angelo abbattuta dopo il terremoto del 1980.
Il campanile, di 4 m x 4 di base, è composto da tre ordini o livelli.
Il primo ordine è simile ad un alto podio con cornice aggettante. È interamente composto da elementi di spoglio di grosse dimensioni realizzati in pietra locale, giustapposti da elementi in cotto, disposti qua e là sui corsi orizzontali e i giunti verticali.
Gli spolia sono principalmente di calcare bianco ma alcuni sono di calcarenite rossa. Nei conci del basamento si evidenziano numerosi segni delle grappe romane.
All’inizio del XII secolo, a seguito di un evento di una certa importanza, probabilmente il terremoto del 1125, vennero ricostruiti il secondo e il terzo livello, anch’essi caratterizzati dall’utilizzo di materiali vari di diversa natura e provenienza, tra cui spicca, nell’angolo sud-est, del secondo livello, un capitello di parasta o di lesena.
Il secondo livello, inoltre, è caratterizzato da due monofore nei lati sud e nord, nonché sul lato ovest da un’apertura squadrata con lunetta aperta, in cui, in origine doveva essere posizionata una campana. Segno evidente che in origine il Campanile doveva essere del tutto indipendente dalle strutture della Chiesa.
Le monofore sono concluse da una ghiera a tutto sesto formata da blocchi sagomati di calcare bianco, accostati a laterizi in modo da produrre una bicromia. La monofora del lato sud è ulteriormente decorata da cinque bacini ceramici, di cui solo due conservati, che incorniciavano l’arco della stessa.
Nel terzo ordine, sempre nei lati sud e nord, si trovano due bifore ad archi oltrepassati, incassati nei piedritti e nella ghiera di un arco a tutto sesto.
Le colonne delle bifore sono state realizzate ex novo, dopo il terremoto del 1980; i capitelli sono originali e, per tipologia, vanno datati al XII secolo. Il capitello conservato nella bifora del lato sud, che riproduce delle foglie d’acanto intrecciate, in origine presentava anche delle paste vitree, di cui oggi restano solo i segni della malta.
A seguito del terremoto del 1980, la parte superiore del terzo ordine è stata integralmente ricostruita, smontando i conci del paramento dopo averli numerati. Tuttavia, il rimontaggio, considerate le cifre ancora visibili, disposte alla rinfusa, avvenne in maniera approssimativa.
Il Campanile conserva al suo interno quattro campane. Due gemelle realizzate nel 1997, fondendo una vecchia campana seicentesca. Entrambe le campane recano l’immagine del Crocifisso e di San Michele. Sotto l’immagine di San Michele compare un’iscrizione in due righe che recita: FUSA A.D. 1623/ RIFUSA A. D. 1997; sotto l’iscrizione lo stemma della fabbrica di Agnone.
La campana grande, fusa nel 1926, reca anch’essa l’immagine di S. Michele e la stessa immagine un’iscrizione in 5 righe: VESCOVO G/ PADULEI/ ABATE MICHELE / DEL VISCOVO/ AERE SUO; a sinistra dell’immagine iscrizione in 2 righe: PADRINO/ DEL VISCOVO; a destra dell’immagine iscrizione in 5 righe: GENNARO / RIPANDELLI/ DA SANT’ANGELO DEI / LOMBARDI/ FECE 1926.
La quarta campana è quella più antica. Ha una forma allungata , non reca immagini ma ha un’iscrizione in caratteri gotici, purtroppo di difficile lettura. Per i caratteri e per la forma allungata la campana può essere datata al XIII- XIV secolo.
R. M.
in costruzione
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Chiesa di San Michele Arcangelo
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Edificio sacro
Ambito irpino
Chiesa di San Michele Arcangelo
Sec. XVI e XVIII-XIX
Church of Archagel Michael
Nel Comune di Grottaminarda, quasi ubicata alle pendici del colle che domina il rione Fratte, il primo nucleo abitato della località irpina, sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo o, com’è nota nella dizione popolare, la Chiesa di Sant’Angelo, o anche come l’Abbazia di Sant’Angelo, in quanto il suo rettore aveva il titolo di Abate.
Nei documenti conservati presso l’archivio, fortemente impoverito soprattutto nella parte più antica, il titolo più ripetuto è Abbazia di San Michele Arcangelo; tuttavia, in origine, doveva possedere il solo titolo di Sant’Angelo, attestato, in modo indiretto, in alcune pergamene del XII secolo conservati nell’Archivio di Montevergine.
La struttura è una delle più note di Grottaminarda, ma, al pari della sua notorietà, è anche una delle meno conosciute. Le sue vicende storiche, infatti, non sono molto chiare.
Considerato l’antico titolo di Abbazia, si deve ipotizzare che l’edificio, in origine, doveva essere un’antica dipendenza monastica e poi, in un’epoca non meglio precisata, ma sicuramente prima del XIV secolo, dovette passare sotto l’autorità diocesana locale, conservando tuttavia il titolo di Abbazia. Infatti il primo abate noto è attestato all’inizio del XIV secolo
Nel 1422 l’edificio è sede della parrocchia di San Michele Arcangelo, mentre nel 1453 diventa di giuspatronato della famiglia feudale dei d’Aquino.
Quasi un secolo dopo, nel 1541 a ridosso della Chiesa, per interessamento della famiglia De Feolis, fu edificato un nuovo sacello sacro dedicato alla Madonna delle Grazie, che un secolo dopo diventerà la sede della Confraternita della Buona Morte.
I terremoti del 1688 e del 1702 recarono numerosi danni all’edificio che furono prontamente riparati, tuttavia il terremoto del 1732 danneggiò notevolmente sia la Chiesa di San Michele che l’adiacente Chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Nel corso del Settecento, l’edificio venne totalmente ricostruito nell’area delle due chiese e nella sua ricostruzione vennero riutilizzati i materiali di entrambe le strutture, tra cui anche il portale cinquecentesco della Chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Nel 1813 a seguito delle soppressioni napoleoniche, la parrocchia di San Michele venne soppressa, per essere poi ricostituita nel 1815.
Nel 1853 a seguito della nomina di abate parroco Modestino Troise, l’edificio subì un importante intervento di restauro che interessò soprattutto gli interni.
I terremoti del 1930 e del 1962 non recarono eccessivi danni all’edificio, cosa che non avvenne con il terremoto del 23 novembre 1980, che la rese inagibile.
Il I° settembre 1986 la parrocchia di San Michele venne definitivamente soppressa.
A seguito di un importante intervento di restauro, l’edificio venne riaperto nel 1990.
La struttura sacra è caratterizzata da un portale del 1541, da alcuni affreschi settecenteschi, da una cantoria ottocentesca, da alcune pregevoli statue e soprattutto da un campanile d’età medievale, che, in un certo senso, attesta le origini antiche dell’edificio.
Proprio per il suo campanile medievale, la chiesa è considerata l’edificio sacro più antico di Grottaminarda ed è, anche, uno dei più antichi del circondario. Tuttavia, a causa dei vari terremoti, è anche una delle strutture più fortemente rimaneggiata nel corsi dei secoli.
Il portale cinquecentesco
Al centro dell’architrave del portale è incisa un’iscrizione che tradotta recita: “Don Barnaba dottore dell’uno e dell’altro diritto e il “venerabile” D. Pietro de Feulis, accolito apostolico, ancora viventi, per le loro anime e quelle dei loro genitori Don Marino e Menica, del fratello Lucio, e degli zii paterni Nicola e Don Bartolomeo, questo sacello, con diritto di patronato, fecero erigere e dipingere a proprie spese. Nell’anno del Signore 1541”.
R. M.
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Scultura San Michele Arcangelo
/Chiesa di San Michele Arcangelo
Scultura
San Michele Arcangelo
Ambito culturale napoletano
Sec. XVIII (seconda metà)
Legno Policromo
Church of ” San Michele Arcangelo”
Sculpture
Archangel Michael
Neapolitan cultural context
18th century
Polychrome wood
Il Culto di San Michele è uno dei culti più antichi del territorio grottese. Le prime attestazioni del culto relative a Grottaminarda risalgono alla piena età normanna (XII secolo), anche se la presenza del campanile di Sant’Angelo, edificato nel X secolo, fa retrodatare le origini del culto. Indubbiamente il culto deriva dalla frequentazione longobarda, che nell’area irpina durò dal VI all’XI secolo.
Un luogo di culto dedicato all’Angelo è attestato a Grottaminarda dal XII secolo nel luogo dove attualmente sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo, nota nella tradizione popolare anche come Chiesa di Sant’Angelo.
La tradizione storiografica ipotizza che l’antico abitato di Grottaminarda sorse proprio in relazione a questo luogo di culto, che quasi sicuramente in origine doveva essere una dipendenza monastica.
Non si sa quando divenne indipendente, ma nel XIV secolo, il rettore dell’edificio sacro aveva il titolo di abate, mentre nel secolo successivo l’abate era anche il responsabile della parrocchia di San Michele Arcangelo attestata nel 1522.
La documentazione superstite attesta che fino al terremoto del 29 novembre 1732 nella chiesa di San Michele il culto all’Arcangelo era legato alla tela del XVII secolo alla quale si ispira, oggi conservata nella Chiesa Madre.
Dopo il terremoto e quindi la ricostruzione e la riapertura della Chiesa, avvenuta nel 1752, il culto si lega all’odierna scultura lignea di San Michele Arcangelo.
Nel corso dei secoli sono stati realizzati numerosi restauri, gli ultimi attestati risalgono al 1992 per interessamento dei parroci Don Rocco Salierno e l’Abate Don Vincenzo Barrasso. L’ultimo restauro del 2022, durato tre anni e compiuto per interessamento del parroco Don Carmine Santoro, è stato realizzato dall’artista Margherita Gramaglia e finanziato dai coniugi Dott. Michele D’Ambrosio e Sonia Apollonia Bruno. L’Associazione Rotary Community Corps Av est nell’ambito del progetto App-Art ha seguito tutte le fasi del restauro.
testi di
Raffaele Masiello
The Cult of “San Michele” is one of the oldest cults in the Grotesque area. The first attestations of the cult relating to Grottaminarda date back to the full Norman age (12th century), although the presence of the bell tower of Sant’Angelo, built in the 10th century, backdates the origins of the cult. Undoubtedly the cult derives from the Lombard attendance, which in the Irpinia area lasted from the 6th to the 11th century.
A place of worship dedicated to the Angel has been attested in Grottaminarda since the twelfth century in the place where the Church of San Michele Arcangelo currently stands, also known in popular tradition as the Church of Sant’Angelo.
Historiographic tradition speculates that the ancient town of Grottaminarda arose precisely in relation to this place of worship, which almost certainly originally had to be a monastic dependence.
It is not known when it became independent, but in the fourteenth century, the rector of the sacred building had the title of abbot, while in the following century the abbot was also the head of the parish of San Michele Arcangelo attested in 1522.
The surviving documentation certifies that until the earthquake of November 29th, 1732 in the church of San Michele the cult of the Archangel was linked to the seventeenth-century canvas which inspired it, now preserved in the Mother Church.
After the earthquake and then the reconstruction and reopening of the Church, which took place in 1752, the cult is linked to today’s wooden sculpture of St. Michael the Archangel.
Over the centuries numerous restorations have been carried out, the last certificates date back to 1992 by the parish priests Don Rocco Salierno and the Abbot Don Vincenzo Barrasso. The last restoration in 2022, which lasted three years and was carried out by the parish priest Don Carmine Santoro, was carried out by the artist Margherita Gramaglia and financed by the spouses Dr. Michele D’Ambrosio and Sonia Apollonia Bruno. As part of the App-Art project, the Rotary Community Corps Av est association has followed all stages of the restoration.
R. M.
Il restauro del 2020-2022
.....
Relazione tecnica sul restauro della scultura in legno policromo raffigurante “S.Michele Arcangelo” della Chiesa di S.Michele Arcangelo in Grottaminarda (AV)
Margherita Gramaglia
Stato di conservazione
La scultura raffigurante S.Michele Arcangelo si presentava ricoperta da dipinture che ne avevano alterato completamente alcune delle caratteristiche originarie.
Le sovrapposizioni appesantivano l’aspetto dell’opera. Erano visibili stuccature grossolane, effettuate durante interventi precedenti. Lesioni dovute a distacchi della preparazione si notavano in più punti .
La scultura presentava evidenti problemi statici soprattutto alla base. Quest’ultima appariva sconnessa con cedimenti sia sul piano d’appoggio della scultura che negli angoli.
Erano, inoltre, presenti numerose lacune anche sulle cornici dorate.
in costruzione
Le braccia di S.Michele Arcangelo erano staccate dal corpo. Sconnessioni erano visibili anche sulla figura del diavolo che presentava evidenti lesioni e sbollature della preparazione che nel tempo avrebbero creato ulteriori distacchi con la conseguente creazione di nuove lacune della pellicola pittorica .
Sulle gambe del diavolo , si notavano micro lesioni in corrispondenza dei punti di assemblaggio dei vari pezzi che le compongono. La presenza di fori di sfarfallamento testimoniava un attacco di insetti xilofagi.
in costruzione
Intervento di restauro
Per il il trasferimento della scultura presso il laboratorio di restauro è stato necessario eseguire la velinatura delle parti più fragili applicando fogli di carta giapponese fatta aderire con resina acrilica. Questa fase preliminare ha evitato danni all’opera durante il trasporto e ha permesso, successivamente, il fissaggio della preparazione pittorica tramite iniezioni di resina acrilica Primal AC33.
Prima di intervenire con la fase di pulitura è stato necessario realizzare alcuni saggi di pulitura indispensabili per valutare la consistenza e l’estensione delle policromie sottostanti a quella visibile . Dopo aver valutato il tipo d’intervento si è proceduto con la pulitura asportando le dipinture con una soluzione a base di butilammina e degli strati di stucco sovrapposti con l’azione meccanica del bisturi. Lo sporco grasso è stato eliminato con l’uso di impacchi di dimetilformammide , amile acetato, alcool, ammoniaca e acetone .
Dopo aver effettuato il fissaggio della pellicola pittorica , si è proceduto con la disinfestazione eseguendo due tipi d’intervento:
- a) imbibizione con una soluzione di permetrina , che ha reso il supporto ligneo tossico e inappetibile;
- b) immissione di azoto in contenitore sigillato (anossia) dove è rimasta per circa 40 giorni e che ha avuto lo scopo di eliminare i tarli in ogni loro stadio di sviluppo.
in costruzione
La scultura è stata poi consolidata con la resina acrilica Paraloid B72 e sistemata staticamente. Gli elementi staccati, tra cui le braccia di S.Michele Arcangelo e la testa del diavolo ,sono stati incollati e fissati con l’inserimento di perni che ne assicurano un perfetto ancoraggio. Le lacune sono state integrate con un composto a base di gesso di Bologna e colla di coniglio. La reintegrazione pittorica è stata eseguita con colori ad acquerello e a vernice da restauro. Una nebulizzazione di vernice finale opaca della Lefranc ha concluso l’intervento.
in costruzione
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Chiesa di Santa Maria di Carpignano
/Parrocchia Santuario Maria SS. di Carpignano
Edificio sacroChiesa di Santa Maria di Carpignano
Sec. XIX
Parih Sanctuary of Maria SS. di Carpignano
Sacred building
Church of Santa Maria di Carpignano
XIX th century
La Chiesa di Santa Maria di Carpignano venne realizzata in occasione dell’arrivo del dipinto, su tavola, della Vergine, attualmente conservata all’interno della Chiesa. Secondo la tradizione la tavola raffigurante la Vergine con Bambino venne ritrovata da alcuni pastori nel tronco o tra i rami di un carpine nel 1150. Con i lavori di restauro effettuati nel 2004 è stato possibile stabilire che il dipinto risale proprio al XII° secolo.
Secondo lo storico padre Adolfo Rezza (in “Cenni storici del Santuario di Maria SS. di Carpignano, Roma 1910) la chiesa appartenne, prima, all’Ordine Teutonico, poi, divenne cappella rurale della chiesa di Santa Maria di Grottaminarda, successivamente, fu alle dipendenze della cattedrale di Frigento, infine, il 24.03.1478 fu incorporata ed annessa alle dipendenze della predetta chiesa per espressa richiesta del nobile d’Aquino feudatario di codesto comune e per espressa dichiarazione fattane dal Vescovo di Avellino Giovan Battista Ventura.
La proprietà dell’edificio è rimasta della Parrocchia di Santa Maria Maggiore fino al 1910-1911 quando sia l’edificio che i territori circostanti furono assegnati all’Ordine Mercedario e alla costituenda parrocchia di S. Maria di Carpignano.
L’impianto attuale venne costruito all’inizio del XIX° secolo e ristrutturato integralmente durante la seconda metà dello stesso secolo.
Successivamente, a seguito dei vari terremoti verificati nel corso del Novecento e di vari eventi liturgici come il congresso mariano del 1954, l’edificio venne ristrutturato e rinnovato più volte.
L’ultimo intervento risale al 2012.
L’edifico si presenta ad una sola navata con otto nicchie laterali. L’area del presbiterio è particolarmente allungata per dare spazio ai sedili dei religiosi mercedari e degli operatori pastorali.
Sul fianco destro dell’edificio è affiancata una cappella laterale che fu realizzata sui resti dell’antico eremitaggio e del primo convento mercedario.
R. M.
The Church of Santa Maria di Carpignano was built on the occasion of the arrival of the painting, on wood, of the Virgin, currently preserved inside the Church. According to legend, the panel depicting the Virgin with Child was found by some shepherds in the trunk or among the branches of a hornbeam in 1150. With the restoration work carried out in 2004 it was possible to establish that the painting dates back to the 12th century.
According to the historian father Adolfo Rezza (in “Historical Notes of the Sanctuary of Maria SS. Di Carpignano, Rome 1910) the church first belonged to the Teutonic Order, then it became the rural chapel of the church of Santa Maria di Grottaminarda, after that it was under the control of the cathedral of Frigento, finally on 24th March1478 it was incorporated and annexed under the aforementioned church by express request of the noble Aquino, feudal lord of this municipality and by express declaration made by the Bishop of Avellino Giovan Battista Ventura.
The ownership of the building remained to the Parish of Santa Maria Maggiore until 1910-1911 when both the building and the surrounding territories were assigned to the Mercedary Order and to the newly established parish of Santa Maria di Carpignano.
The current plant was built at the beginning of the nineteenth century and completely renovated during the second half of the same century.
Subsequently, following the various earthquakes that occurred during the twentieth century and various liturgical events such as the Marian congress of 1954, the building was renovated and refurbished several times.
The last intervention dates back to 2012.
The building has a single nave with eight side niches. The presbytery area is particularly elongated to make room for the seats of Mercedary religious and pastoral workers.
On the right side of the building there is a side chapel which was built on the remains of the ancient hermitage and the first Mercedary convent.
R. M.
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Storia dell’Ordine della Mercede e il Convento
/Parrocchia Santuario Maria SS. di Carpignano
L’Ordine dei Mercedari
Il Convento di Carpignano
San Pietro Nolasco
Lo stemma dell’OrdineParish Sanctuary Maria SS. of CarpignanoThe Order of the MercedaryThe Convent of Carpignano
San Pietro Nolasco
The coat of the OrderL’Ordine dei Mercedari
L’Ordine di S. Maria della Mercede fu fondato a Barcellona il 10 agosto 1218, da Pietro Nolasco, con lo scopo di liberare i prigionieri cristiani ridotti in schiavitù dai musulmani o dai pagani e poi approvato, il 17 gennaio 1235, da papa Gregorio IX che impose ai religiosi la regola di Sant’Agostino come norma fondamentale. Inizialmente, l’ordine ebbe carattere laicale e militare ma nel tempo acquisì caratteristiche più spirituali, tanto che nel 1690 si inserì tra gli ordini mendicanti. Dopo l’abolizione della schiavitù, i Mercedari si dedicarono all’insegnamento e all’apostolato missionario: dopo il concilio Vaticano II, in virtù dello spirito del fondatore, i frati ripresero a contrastare le nuove forme di schiavitù di carattere politico, sociale e psicologico, secondo il principio “LIBERI PER LIBERARE”, ovvero liberare l’uomo di ogni tempo dalle schiavitù, specialmente quelle pericolose per la fede cristiana.
Il Carisma e la spiritualità dell’Ordine
Il Prologo delle Costituzioni del 1272, nell’istituire l’Ordine, stabiliva che i Mercedari avrebbero dovuto ispirarsi ai principi di mantenimento e sviluppo della misericordia mediante la visita e la redenzione dei cristiani caduti nel potere dei saraceni e di altri contrari alla Legge di Cristo, vivendo come figli di una vera obbedienza, sempre gioiosamente disposti a dare la loro vita, se necessario, come Gesù Cristo la diede per l’umanità. L’opera della redenzione mercedaria ha anche lo scopo di rincuorare gli schiavi nella loro sventura e ridare la speranza agli abbandonati e ai disperati, aspetto questo non indifferente dell’azione redentrice dei Mercedari. Le Costituzioni del 1986, nei numeri 13-16, così si esprimono: “Seguendo San Pietro Nolasco e illuminati dal suo carisma, noi Mercedari crediamo che la nostra missione liberatrice appartiene alla natura stessa dell’Ordine e la esercitiamo in nome della Chiesa in intima comunione con Dio e in una reale incarnazione nelle necessità degli uomini. Per compiere questa missione, spinti dalla carità, ci consacriamo a Dio con un voto particolare in virtù del quale promettiamo di dare la vita, se necessario, come Cristo l’ha data per noi, per salvare i cristiani che si trovano nell’estremo pericolo di perdere la loro fede nelle nuove forme di schiavitù. Questo voto, assunto come promessa volontaria, cosciente e assoluta, è caratteristico del nostro Ordine, ispira tutti gli atti della sua opera e qualifica l’adempimento della sua missione nella Chiesa”.
Nuove forme di schiavitù possono riscontrarsi in una situazione sociale che comprenda le seguenti condizioni: –sia oppressiva e degradante per la persona umana;
derivi da principi e sistemi opposti al Vangelo; ponga in pericolo la fede dei cristiani; offra la possibilità di aiutare, visitare e redimere le persone che si trovano in tale situazione.
Il messaggio del Capitolo Generale celebrato nel maggio 1998 ha offerto particolari riflessioni sul tema di Cristo Redentore, maestro e modello del Mercedario di oggi, come lo fu per i Mercedari di ieri, specialmente per S. Pietro Nolasco.
Il Convento di Carpignano
Fondatore della comunità mercedaria carpignanese fu P. Adolfo Londei, primo superiore della comunità.
Egli giunse a Carpignano nel febbraio 1901, insieme a fr. Ferdinando Bandiera e a P. Antonio Giuliano.
Nei primi tempi i due abitarono in una casetta situata sulla destra della chiesa, poi, una volta decisa la costituzione di una nuova comunità, avviarono i lavori per il nuovo convento. La prima pietra fu benedetta il 17 maggio 1902 e i lavori si conclusero nel 1907.
La costruzione, l’ampliamento e il restauro sia del convento sia della chiesa continueranno nel corso degli anni fino ai giorni nostri, grazie all’interessamento e alla determinazione dei vari parroci e Superiori che si sono succeduti negli anni. L’arrivo dei Padri Mercedari a Carpignano ha contribuito notevolmente allo sviluppo sociale e religioso locale.
Nel 1920, i Mercedari aprirono una prima scuola per analfabeti che prevedeva ben due turni, uno serale e l’altro mattutino.
Nel dopoguerra fu inaugurato un secondo ciclo di scuole elementari delle classi IV e V e, successivamente, con l’ultimazione della struttura del convento, si avviò la Scuola Apostolica dell’Ordine e la formazione di nuovi insegnanti, innalzando notevolmente il livello culturale locale.
Notevole fu anche il loro contributo per la dotazione della linea elettrica a Carpignano, da quel momento luogo anche di ritrovo e di aggregazione sportiva per la presenza di spazi verdi e, nel tempo, di campi sportivi nel grande parco del convento.
In tale fermento religioso e sociale, moltissime, infine, furono le vocazioni fra i giovani irpini.
S. Pietro Nolasco
Pietro Nolasco nacque e visse nel contesto medievale di Barcellona, in particolare nel suo porto marittimo, ove svolse, fin da giovane, il lavoro di mercante ereditato dal padre.
Nel suo contatto con il porto di Barcellona e con le rive del Mediterraneo, egli scoprì la piaga della schiavitù che toccò profondamente il suo cuore tanto da imbarcarsi per mare con l’intento di redimere gli schiavi, investendo direttamente i suoi beni e coinvolgendo numerosi amici.
Questo piccolo gruppo divenne poi, il 10 agosto del 1218, un vero e proprio ordine religioso e le case della Mercede sorsero in tutto il sud della Francia, in Catalogna, a Maiorca, a Valencia, ad Aragona e a Castiglia, portando il messaggio di libertà non solo per le strade polverose della penisola ma attraverso tutto il Mediterraneo.
Nel 1235, Papa Gregorio IX confermò l’Ordine con la bolla Devotionis vestrae. Il pellegrinaggio terreno di Pietro Nolasco ebbe termine a Barcellona, nel suo convento costruito nell’arenile di Villanova, vicino al mare, il 6 maggio 1245. La Congregazione dei Riti ne approvò il culto immemoriale il 30 settembre 1628, e il 19 giugno 1655 il suo nome fu inserito nel Martirologio Romano. L’11 giugno 1664, Papa Alessandro VII estese il suo culto a tutta la Chiesa.
Lo stemma dell’Ordine
Lo stemma rappresenta il segno distintivo del religioso appartenente all’Ordine della Beata Maria Vergine della Mercede, da sempre portato al petto dei frati come lasciapassare sin dalle loro prime missioni redentrici.
Gli elementi fondamentali che lo costituiscono sono lo scudo e lo stemma di Giacomo I d’Aragona.
Lo scudo, recante la croce bianca che campeggia sullo sfondo rosso, rappresenta la croce della cattedrale di Barcellona che il vescovo Berenguer de Palou donò quando nacque la fraternità dell’Hospitalis di S. Eulalia (cf. Bulla Devotionis Vestrae…, Perugia 17 gennaio 1235). Lo stemma di Giacomo I di Aragona, d’oro a quattro pali di rosso, testimonia il patronato e la benevolenza della casa reale spagnola all’Ordine. Questo patronato reale alla missione redentrice dell’Ordine permetteva ai frati della Mercede di tutti i tempi, dal XIII al XVIII secolo, un rispettoso andirivieni oltre le frontiere durante le missioni redentrici, vale a dire lungo i difficili itinerari, al fine di riscattare coloro che erano caduti in prigionia dei Saraceni.
A cura dei Padri Mercedari
The order of the Mercedary
The Order of “S. Maria della Mercede”was founded in Barcelona on 10th August 1218 by Pietro Nolasco with the aim of freeing Christian prisoners enslaved by Muslims or pagans and then approved on 17th January 1235 by Pope Gregory IX who assigned the rule of St. Augustine to the religious as a fundamental rule. Initially the order had a secular and military character, then it became more spiritual, arriving in 1690 to be included among the mendicant orders. After the elimination of slavery, the Mercedaries dedicated themselves to the teaching and the missionary apostolate: after the Second Vatican Council, by virtue of the founder’s spirit, the friars resumed opposing the new forms of political social and psychological slavery, according to the principle LIBERI PER LIBERARE that is to free man of all times from slaveries, especially those dangerous for the Christian faith.
The Charism and spirituality of the Order
The Prologue of the Constitutions of 1272, in setting up the Order, established that the Mercedaries should be inspired by the principles of maintenance and development of mercy through the visit and redemption of Christians who have fallen into the power of the Saracens and others contrary to the Law of Christ, living as children of true obedience, always joyfully willing to give their life, if necessary, as Jesus Christ gave it for humanity. The work of Mercedary redemption also has the purpose of encouraging slaves in their misfortune and restoring hope to the abandoned and desperate, a not indifferent aspect of the redemptive action of the Mercedaries. The 1986 Constitutions, in numbers 13-16, express themselves as follows: “Following St. Peter Nolasco and enlightened by his charisma, we Mercedaries believe that our liberating mission belongs to the very nature of the Order and we exercise it in the name of the Church in intimate communion with God and in a real incarnation in the needs of men. To carry out this mission, driven by charity, we consecrate ourselves to God with a particular vow by virtue of which we promise to give our life, if necessary, as Christ gave it for us, to save Christians who are in extreme danger to lose their faith in the new forms of slavery. This vow, taken as a voluntary, conscious and absolute promise, is characteristic of our Order, it inspires all the acts of its work and qualifies the fulfillment of its mission in the Church”.
The new forms of slavery are found where a social situation occurs which includes the following conditions: – it is oppressive and degrading for the human person; it derives from principles and systems opposed to the Gospel; it endangers the faith of Christians; it offers the possibility of helping, visiting and redeeming people who find themselves in such a situation. The message of the General Chapter celebrated in May 1998 offered particular reflections on the theme of Christ the Redeemer, teacher and model of today’s Mercedary, as it was for yesterday’s Mercedaries, especially St. Peter Nolasco.
The Convent of Carpignano
Father Adolfo Londei, the first superior of the community, was the founder of the Carpignano mercedary community. He arrived in Carpignano in February 1901, together with Father Ferdinando Bandiera and Father Antonio Giuliano.
In the early days they lived in a small house located on the right of the church, then, once the constitution of a new community was decided, they began the construction of the new convent. The first stone was blessed on May 17th 1902 and the works were completed in 1907.
The construction, expansion and restoration of both the convent and the church will continue over the years to the present day, thanks to the interest and the determination of the various pastors and Superiors who have succeeded one another over the years. The arrival of the Mercedary Fathers in Carpignano contributed significantly to social development and local religious.
In 1920, the Mercedaries opened a first school for the illiterate which included two shifts, one in the evening and the other in the morning.
After the war, a second cycle of elementary schools of classes IV and V was inaugurated and,
subsequently, with the completion of the convent structure, the school started Apostolic of the Order and the training of new teachers, significantly raising the local cultural level.
Their contribution was also noteworthy for the provision of the power line in Carpignano, from
that moment also a place of meeting and sporting aggregation due to the presence of green spaces
and, over time, of sports fields in the large park of the convent.
Finally, in this religious and social ferment, there were many vocations among Irpini young people.
S. Pietro Nolasco
Pietro Nolasco was born and lived in the medieval context of Barcelona and, in particular, in its seaport where, from an early age, he carried out the work of a merchant inherited from his father.
In his contact with the port of Barcelona and with the shores of the Mediterranean he discovered the scourge of slavery that will forever touch his heart so much that he embarked by sea with the intent of redeeming the slaves by investing his goods directly and also involving his friends.
This community will become a religious order on August 10th 1218 and the houses of La Mercede were built throughout the south of France, in Catalonia, in Mallorca, in Valencia, in Aragon and in Castile, bringing the message of freedom not only to the dusty streets. of the Peninsula but across the Mediterranean.
In 1235 Pope Gregory IX confirmed the Order with the bull Devotionis vestrae.
His earthly pilgrimage ended in Barcelona, in his convent built on the beach of Villanova, near the sea, on May 6th 1245.
The Congregation of Rites approved its immemorial cult on 30th September 1628, and on 19th June 1655 its name was inserted in the Roman Martyrology. Pope Alexander VII extended his cult to the whole Church on 11th June 1664.
The coat of arms of the Order
It is the distinctive sign of the religious belonging to the Order of the Blessed Virgin Mary of Mercy, the friars have always worn it on their chest as a pass along the first centuries in their redemptive missions.
The fundamental elements are the shield and the coat of arms of James I of Aragon.
The shield, bearing the white cross that stands out on the red background, represents the cross of the cathedral of Barcelona that the bishop Berenguer de Palou donated when the fraternity of the Hospitalis of St. Eulalia was born (cf. Bulla Devotionis Vestrae …, Perugia 17th January 1235).
The coat of arms of James I of Aragon, in gold with four red poles, testifies to the patronage and benevolence of the Spanish royal house to the Order. This royal patronage of the redemptive mission of the Order allowed the friars of Mercede of all times, from the 13th to the 18th century, a respectful coming and going beyond the borders during the redemptive missions, that is to say along the difficult itineraries, in order to redeem those who had fallen into the captivity of the Saracens.
By the Mercedary Fathers
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Affresco San Giovanni Nepomuceno
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Affresco San Filippo Neri
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Affresco del Battesimo di Cristo
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Basamento di San Michele Arcangelo
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Campanile di San Michele Arcangelo
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Chiesa di San Michele Arcangelo
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Scultura San Michele Arcangelo
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Chiesa di Santa Maria di Carpignano
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Storia dell’Ordine della Mercede e il Convento