In corso

  • Statua della Madonna Addolorata

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Scultura abbigliata

    Ambito campano

    Madonna Addolorata

    Sec. XIX

    Legno e stoffe

    Church of Archagel Michael

    Le origini del culto e la devozione grottese

    Uno dei culti più sentiti della Comunità grottese è quello legato alla Madonna Addolorata il cui fulcro va connesso al simulacro della Vergine, conservato nella Chiesa di San Michele.

    Per comprendere questa devozione, dobbiamo necessariamente ricostruire la storia della stessa devozione nel mondo cristiano.

    Il culto verso la Madonna Addolorata trae origine dal Vangelo, nei passi dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario. La devozione, tuttavia, prese particolare consistenza solo nel pieno medioevo, a partire dalla fine dell’XI secolo, e fu il nucleo delle successive celebrazioni liturgiche.  Un ulteriore incremento venne dato dalla diffusione dei componimenti letterari noti come “Pianto della Vergine”, di cui il più noto è lo “Stabat Mater”, attribuito a Jacopone da Todi.

    Un grande impulso fu dato, nel XV secolo, dalle liturgiche dedicate alla “compassione di Maria” e soprattutto dall’Ordine dei frati “Servi di Maria”.

    Durante la prima metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine, che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata.

    La Sacra Congregazione dei Riti, approvando questa devozione, il 9 giugno del 1668, permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio. Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine nella terza domenica di settembre.

    Qualche decennio dopo, la Sacra Congregazione decise di aggiungere per tutto il mondo cristiano una commemorazione dedicata ai dolori di Maria durante la Quaresima e il 18 agosto 1714 approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria da tenersi il venerdì precedente la Domenica delle Palme.

    Un secolo dopo, papa Pio VII, il 18 settembre 1814, approvando l’intensa devozione dei dell’Ordine dei frati “Servi di Maria”, decise di estendere la festa liturgica dei “Sette Dolori”, che si teneva la terza domenica di settembre, a tutta la Chiesa, con l’inserimento nel calendario romano.

    Nel 1913 papa Pio X (1904-1914), apportò alcune modifiche alla liturgia e fissò la data definitiva al 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.

    La comunità grottese tra la fine del Settecento e il pieno Ottocento si legò alla festa dei Sette Dolori di Maria che si teneva il venerdì precedente la Domenica delle Palme, che comunemente veniva e viene definito Venerdì di Passione. Un giorno dedicato esplicitamente ai dolori della Vergine. Nella tradizione grottese, si racconta che in quel giorno, la Vergine, sentendo prossima la morte del figlio, si sia messa a cercarlo tra le strade del paese e difatti nel paese, alle prime luci della sera, si svolge la processione con il simulacro della Vergine.

    La celebrazione interessava principalmente le donne, infatti, erano loro che cambiavano l’abito della Vergine e la trasportavano in processione.

    La celebrazione iniziava con un triduo di preparazione alla Vergine, che si teneva proprio nella Chiesa di San Michele, la seconda parrocchia della Comunità dopo Santa Maria Maggiore. Il venerdì si svolgeva la processione e il simulacro della Vergine ritornava nella propria chiesa. Dopo di che tutto continuava in modo consueto fino al Venerdì Santo.

    Il Venerdì Santo ogni parrocchia celebrava la propria liturgia e subito dopo iniziavano due processioni: Una con il Cristo morto che partiva dalla Chiesa di Santa Maria Maggiore e una con il simulacro della Vergine dalla Chiesa di San Michele. Convenuti in un certo punto, variabile ogni anno, le due processioni si fondevano in una e continuavano a percorrere le strade del paese insieme. Al momento del ritorno in Chiesa, il simulacro della Vergine accompagnava il simulacro del Cristo Morto nella Chiesa di Santa Maria, poi fatto un cenno di saluto ritornava nella propria Chiesa.

     

    La scultura.

    Non sono noti documenti relativi alla statua della Vergine Addolorata, ma per fattura può essere fatta risalire alla prima metà dell’Ottocento. Il viso è in terracotta con paste vitree per gli occhi. Le mani sono in legno stuccato, mentre il corpo è composto, per la parte inferiore, da listelli di legno fissi, mentre la parte superiore si compone di un busto imbottito di paglia e stoffa. Le braccia sono snodabili è presentano una struttura in filo di ferro ricoperto di paglia e stoffa.

    Il simulacro dispone di due abiti, uno giornaliero che indossa tutto l’anno, realizzato negli Settanta-Ottanta del Novecento, e uno festivo realizzato durante il secondo decennio del XXI secolo.

     R. M. 

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  • Pannello Cena in Emmaus

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Pannello dell’Altare

    Flavio Grasso

    Cena in Emmaus

    Sec. XXI (2022)

    Pietra locale – marmo e terracotta con refrattario bianco

    Church of Archagel Michael

     

    Il pannello in terracotta con refrattario bianco, opera di Flavio Grasso, riproduce la scena della cena in Emmaus dopo l’incontro sulla strada, ripresa dal Vangelo di Luca (24, 13-31):

     

    Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Domandò loro: “Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

    Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.”

     

    Il pannello riproduce il momento esatto in cui Cristo siede a tavola con i due discepoli e, dopo aver recitato la benedizione, spezza il pane.

    Il Cristo è al centro tra Cleopa e un discepolo che l’evangelista Luca lascia anonimo con l’intenzione di permettere il lettore di identificarsi con quel personaggio e quindi a farsi compagno di viaggio con Cleopa e con Gesù.

    Grasso rende questo messaggio con gli occhi dei personaggi. Il Cristo ha lo sguardo rivolto verso di noi, così come Cleopa, l’altro personaggio, invece, ha gli occhi chiusi, un po’ per lo stupore e un po’ per favorire questa identificazione. Cristo e i suoi discepoli si offrono a noi ma siamo noi, comunque, a scegliere se vogliamo o meno aprire gli occhi e seguirlo. 

    R. M.

    in costruzione 

  • Affresco San Giovanni Nepomuceno

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Affresco

    Ambito campano

    San Giovanni Nepomuceno

    Sec. XIX

    Church of Archagel Michael

     

    L’affresco, gemello del parallelo San Filippo Neri, fa parte di una coppia di opere raffiguranti i Santi della Confessione. San Giovanni Nepomuceno è il martire del sigillo sacramentale.

    Nasce a Nepomuk, in Boemia nel 1330. Comincia gli studi ecclesiastici nella città di Praga dove fu consacrato sacerdote dall’arcivescovo di quella città.

    Appena ordinato, si diede con zelo alla sacra predicazione e il re Venceslao lo volle come predicatore di corte, mentre l’arcivescovo lo nominò canonico della cattedrale.

    Per le sue doti morali e spirituali, la moglie di Venceslao, la regina Giovanna di Baviera, lo nominò suo confessore e direttore spirituale.

    Ad un certo punto il re Venceslao incominciò a sospettare che la moglie era diventata infedele e chiese ripetutamente a Giovanni Nepomuceno di rivelargli quello che la regina gli diceva in confessione. Il Santo si rifiutò più volte e dopo varie minacce e torture, fu condannato ad essere gettato vivo nel fiume Moldava.

    Durante la notte il Santo, legato e imbavagliato, fu trasportato sul ponte Carlo, che attraversava il fiume Moldava, e gettato nella corrente.  Era il 16 maggio 1683.

    L’opera, meno malridotta rispetto all’altra, raffigura il Santo all’interno di una stanza mentre in ginocchio viene assistito da alcuni angeli e da una figura celestiale. Sullo sfondo, attraverso una finestra arcata, si vede la raffigurazione del suo martirio, ovvero gli sgherri del re Venceslao che da sopra il ponte gettano il Giovanni Nepomuceno nel fiume.

    L’opera fu realizzata durante i lavori di ristrutturazione voluti dall’abate Modestino Troise, durante la metà dell’Ottocento.

    R. M. 

    in costruzione 

  • Affresco San Filippo Neri

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Affresco

    Ambito campano

    San Filippo Neri

    Sec. XIX

    Church of Archagel Michael

     

    L’affresco, gemello del parallelo San Giovanni Nepomuceno, fa parte di una coppia di opere raffiguranti i Santi della Confessione. San Filippo Neri “si dedicò, con grande passione, al ministero della Confessione, fino alla sera del suo ultimo giorno terreno” (Papa Francesco).  

    Nasce a Firenze il 21 luglio 1515. Studia presso i domenicani del convento di S. Marco. Non ha ancora 18 anni quando si trasferisce a S. Germano vicino Montecassino, per apprendere da un ricco zio l’arte del commercio; tuttavia questa attività però non lo soddisfa e decide di spostarsi a Roma dove un fiorentino, Galeotto Caccia, gli offre l’alloggio in cambio dell’educazione dei figli. Qui completa la sua formazione e inizia a frequentare le Chiese di Roma e soprattutto le catacombe di S. Sebastiano, dove, il giorno di Pentecoste del 1544, riceve lo Spirito Santo sotto forma di globo di fuoco.

    Nel 1548, ancora laico, fonda la confraternita della SS.Trinità dei pellegrini e convalescenti. Essa diventa, ben presto, una scuola di volontariato per molti collaboratori dediti alla cura degli ammalati e all’accoglienza dei pellegrini, in particolare durante l’anno santo del 1550.

    Nel 1551 Filippo è ordinato sacerdote e prende alloggio presso la chiesa di S. Girolamo della Carità, dove, a contatto con i giovani e le realtà più povere di Roma, fonda il primo oratorio.

    Nel 1563 è nominato rettore della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, pur continuando a vivere a S. Girolamo della Carità. Nel 1575 papa Gregorio XIII gli assegna la chiesa di Santa Maria in Vallicella, ove fonda la nuova congregazione dei preti e chierici secolari. 

    Muore a Roma presso la chiesa di Santa Maria in Vallicella  il 26 maggio 1595.

     

    L’opera, piuttosto malridotta, rappresenta San Filippo Neri che riceve un’apparizione celestiale. Il Santo è rappresentato con i paramenti sacri mentre legge un libro, quando, all’improvviso una forte schiera di angeli invade la stanza e gli presenta un’immagine della Vergine. Il Santo abbandonato il leggio, s’inginocchia e contempla l’immagine della Vergine.

    L’opera fu realizzata durante i lavori di ristrutturazione voluti dall’abate Modestino Troise, durante la metà dell’Ottocento.

    R. M.

    in costruzione 

  • Affresco del Battesimo di Cristo

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Affresco

    Ambito campano

    Battesimo di Cristo 

    Sec. XVIII e XIX

    Church of Archagel Michael

     

    All’ingresso della Chiesa di San Michele, nella prima cappella a sinistra, è riprodotto un affresco raffigurante il Battesimo di Cristo. Quest’affresco risale alla metà del XIX secolo e fu voluto dall’abate Modestino Troise, in sostituzione del precedente affresco settecentesco, con lo stesso soggetto, di cui, durante i lavori di restauro post terremoto, sono stati ritrovati i resti.

    Il secondo affresco fu realizzato dopo la costruzione dell’antiporta, la quale andava in parte a coprire il primo affresco.

    R. M. 

    in costruzione 

  • Basamento di San Michele Arcangelo

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Basamento

    Flavio Grasso

    Basamento di San Michele Arcangelo

    Sec. XXI (2021)

    Breccia irpina e terracotta

    Church of  “San Michele Arcangelo”

    Basement

    Flavio Grasso

    Base of St. Archagel Michael

    21st century (2021)

    Breccia irpina end terracotta 

     

    In occasione dell’ultimo restauro della Statua di San Michele Arcangelo si è provveduto anche alla realizzazione di nuovo basamento per la scultura, di solito sistemata su basi mobili.
    L’incarico del nuovo basamento è stato dato allo scultore Flavio Grasso, che ha realizzato tre pannelli in terracotta in refrattario bianco, incastonati in una struttura in breccia irpina.
    I tre pannelli riproducono rispettivamente la processione di San Michele per le strade di Grottaminarda e alcuni monumenti che caratterizzano la storia e la cultura grottese.
    Il primo pannello riproduce la processione con la statua di San Michele che esce dalla propria Chiesa. Il secondo pannello, quello centrale, riproduce la Chiesa di Santa Maria Maggiore, il Castello d’Aquino, la Chiesa di San Michele Arcangelo e la fontana di Largo Mercato.
    Il terzo pannello riproduce un altro momento della processione di San Michele, quello mentre attraversa Largo Sedile. Sullo sfondo, a sinistra, s’intravede l’antica Porta di Sant’Angelo, andata distrutta a causa del terremoto del 23 novembre 1980.


    R. M.

    On the occasion of the last restoration of the statue of St. Michael the Archangel, a new base was also built for the sculpture, usually placed on mobile bases.

    The task of the new base was given to the sculptor Flavio Grasso, who created three panels, set in a structure in Irpinia breccia.

    The three panels respectively reproduce the procession of San Michele through the streets of Grottaminarda and some monuments that characterize Grottese history and culture.

    The first panel reproduces the procession with the statue of San Michele coming out of its church. The second panel, the central one, reproduces the Church of Santa Maria Maggiore, the Aquino Castle, the Church of San Michele Arcangelo and the fountain of Largo Mercato.

    The third panel reproduces another moment of the procession of San Michele, the one while crossing Largo Sedile. In the background, on the left, you can glimpse the ancient “Porta di Sant’Angelo”, which was destroyed in the earthquake of November 23rd, 1980.

    R. M.

    campanile Grottaminarda
  • Campanile di San Michele Arcangelo

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Campanile

    Ambito irpino

    Campanile di San Michele

    Sec. X-XII

    campanile Grottaminarda

    Church of Archagel Michael

     

    Il Campanile di San Michele Arcangelo, noto anche come Campanile di Sant’Angelo, è la testimonianza architettonica più antica e conservata del territorio di Grottaminarda. Il primo impianto risale al X secolo.

    È stato più volte vittima dei vari terremoti che si sono susseguiti nel corso dei secoli, ma sempre è stato ripristinato nelle forme antiche. Tra i tanti terremoti ricordiamo quello del 1125, del 1456, del 1688, 1694, 1702, 1732, 1930, 1962 e del 23 novembre 1980. L’ultimo fu il più invasivo perché distrusse l’ultimo piano e ne compromise la fisionomia e la stabilità architettonica.

    La caratterizzazione principale del campanile è costituita dal fatto che per tutta la sua altezza sono stati impiegati dei materiali di spoglio provenienti probabilmente da un vicino insediamento di origine classica.

    Gli studiosi, nonostante le varie manomissioni d’età moderna , riconoscono nella struttura due interventi principali: uno del X- XI secolo e uno avvenuto tra la fine dell’XI e il XII secolo, con buona probabilità dopo il terremoto del 1125. 

    Il campanile, per tecnica e tipologia ricorda, tra gli altri, il campanile della Cattedrale di Avellino, le torri della cinta muraria di Benevento, la torre Febronia dell’Abbazia di Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi.

    Il campanile, oltre alle normali funzioni religiose, aveva anche una funzione di controllo e di difesa come dimostra la feritoia, rivolta verso una delle porte di accesso alla cittadina, l’antica porta Sant’Angelo abbattuta dopo il terremoto del 1980.

    Il campanile, di 4 m x 4 di base, è composto da tre ordini o livelli.

    Il primo ordine è simile ad un alto podio con cornice aggettante. È interamente composto da elementi di spoglio di grosse dimensioni realizzati in pietra locale, giustapposti da elementi in cotto, disposti qua e là sui corsi orizzontali e i giunti verticali.

    Gli spolia sono principalmente di calcare bianco ma alcuni sono di calcarenite rossa. Nei conci del basamento si evidenziano numerosi segni delle grappe romane.

    All’inizio del XII secolo, a seguito di un evento di una certa importanza, probabilmente il terremoto del 1125, vennero ricostruiti il secondo e il terzo livello, anch’essi caratterizzati dall’utilizzo di  materiali vari di diversa natura e provenienza, tra cui spicca, nell’angolo sud-est, del secondo livello, un capitello di parasta o di lesena.

    Il secondo livello, inoltre, è caratterizzato da due monofore nei lati sud e nord, nonché sul lato ovest da un’apertura squadrata con lunetta aperta, in cui, in origine doveva essere posizionata una campana. Segno evidente che in origine il Campanile doveva essere del tutto indipendente dalle strutture della Chiesa.

    Le monofore sono concluse da una ghiera a tutto sesto formata da blocchi sagomati di calcare bianco, accostati a laterizi in modo da produrre una bicromia. La monofora del lato sud è ulteriormente decorata da cinque bacini ceramici, di cui solo due conservati, che incorniciavano l’arco della stessa.

    Nel terzo ordine, sempre nei lati sud e nord, si trovano due bifore ad archi oltrepassati, incassati nei piedritti e nella ghiera di un arco a tutto sesto.

     Le colonne delle bifore sono state realizzate ex novo, dopo il terremoto del 1980; i capitelli sono originali e, per tipologia, vanno datati al XII secolo. Il capitello conservato nella bifora del lato sud, che riproduce delle foglie d’acanto intrecciate, in origine presentava anche delle paste vitree, di cui oggi restano solo i segni della malta.

    A seguito del terremoto del 1980, la parte superiore del terzo ordine è stata integralmente ricostruita, smontando i conci del paramento dopo averli numerati. Tuttavia, il rimontaggio, considerate le cifre ancora visibili, disposte alla rinfusa, avvenne in maniera approssimativa. 

    Il Campanile conserva al suo interno quattro campane. Due gemelle realizzate nel 1997, fondendo una vecchia campana seicentesca. Entrambe le campane recano l’immagine del Crocifisso e di San Michele. Sotto l’immagine di San Michele compare un’iscrizione in due righe che recita: FUSA A.D. 1623/ RIFUSA A. D. 1997; sotto l’iscrizione lo stemma della fabbrica di Agnone.

    La campana grande, fusa nel 1926, reca anch’essa l’immagine di S. Michele e la stessa immagine un’iscrizione in 5 righe: VESCOVO G/ PADULEI/ ABATE MICHELE / DEL VISCOVO/ AERE SUO; a sinistra dell’immagine iscrizione in 2 righe: PADRINO/ DEL VISCOVO; a destra dell’immagine iscrizione in 5 righe: GENNARO / RIPANDELLI/ DA SANT’ANGELO DEI / LOMBARDI/ FECE 1926.

    La quarta campana è quella più antica. Ha una forma allungata , non reca immagini ma ha un’iscrizione in caratteri gotici, purtroppo di difficile lettura. Per i caratteri e per la forma allungata la campana può essere datata al XIII- XIV secolo.

    R. M. 

    in costruzione

  • Chiesa di San Michele Arcangelo

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Edificio sacro

    Ambito irpino

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Sec. XVI e XVIII-XIX

    Church of Archagel Michael

     

    Nel Comune di Grottaminarda, quasi ubicata alle pendici del colle che domina il rione Fratte, il primo nucleo abitato della località irpina, sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo o, com’è nota nella dizione popolare, la Chiesa di Sant’Angelo, o anche come l’Abbazia di Sant’Angelo, in quanto il suo rettore aveva il titolo di Abate.

    Nei documenti conservati presso l’archivio, fortemente impoverito soprattutto nella parte più antica, il titolo più ripetuto è Abbazia di San Michele Arcangelo; tuttavia, in origine, doveva possedere il solo titolo di Sant’Angelo, attestato, in modo indiretto, in alcune pergamene del XII secolo conservati nell’Archivio di Montevergine.

    La struttura è una delle più note di Grottaminarda, ma, al pari della sua notorietà, è anche una delle meno conosciute. Le sue vicende storiche, infatti, non sono molto chiare.

    Considerato l’antico titolo di Abbazia, si deve ipotizzare che l’edificio, in origine, doveva essere un’antica dipendenza monastica e poi, in un’epoca non meglio precisata, ma sicuramente prima del XIV secolo, dovette passare sotto l’autorità diocesana locale, conservando tuttavia il titolo di Abbazia. Infatti il primo abate noto è attestato all’inizio del XIV secolo

    Nel 1422 l’edificio è sede della parrocchia di San Michele Arcangelo, mentre nel 1453 diventa di giuspatronato della famiglia feudale dei d’Aquino.

    Quasi un secolo dopo, nel 1541 a ridosso della Chiesa, per interessamento della famiglia De Feolis, fu edificato un nuovo sacello sacro dedicato alla Madonna delle Grazie, che un secolo dopo diventerà la sede della Confraternita della Buona Morte.  

    I terremoti del 1688 e del 1702 recarono numerosi danni all’edificio che furono prontamente riparati, tuttavia il terremoto del 1732 danneggiò notevolmente sia la Chiesa di San Michele che l’adiacente Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

    Nel corso del Settecento, l’edificio venne totalmente ricostruito nell’area delle due chiese e nella sua ricostruzione vennero riutilizzati i materiali di entrambe le strutture, tra cui anche il portale cinquecentesco della Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

    Nel 1813 a seguito delle soppressioni napoleoniche, la parrocchia di San Michele venne soppressa, per essere poi ricostituita nel 1815.  

    Nel 1853 a seguito della nomina di abate parroco Modestino Troise, l’edificio subì un importante intervento di restauro che interessò soprattutto gli interni.

    I terremoti del 1930 e del 1962 non recarono eccessivi danni all’edificio, cosa che non avvenne con il terremoto del 23 novembre 1980, che la rese inagibile.

    Il I° settembre 1986 la parrocchia di San Michele venne definitivamente soppressa.

    A seguito di un importante intervento di restauro, l’edificio venne riaperto nel 1990.

    La struttura sacra è caratterizzata da un portale del 1541, da alcuni affreschi settecenteschi, da una cantoria ottocentesca, da alcune pregevoli statue e soprattutto da un campanile d’età medievale, che, in un certo senso, attesta le origini antiche dell’edificio.

    Proprio per il suo campanile medievale, la chiesa è considerata l’edificio sacro più antico di Grottaminarda ed è, anche, uno dei più antichi del circondario. Tuttavia, a causa dei vari terremoti, è anche una delle strutture più fortemente rimaneggiata nel corsi dei secoli.

     

    Il portale cinquecentesco

    Al centro dell’architrave del portale è incisa un’iscrizione che tradotta recita: “Don Barnaba dottore dell’uno e dell’altro diritto e il “venerabile” D. Pietro de Feulis, accolito apostolico, ancora viventi, per le loro anime e quelle dei loro genitori Don Marino e Menica, del fratello Lucio, e degli zii paterni Nicola e Don Bartolomeo, questo sacello, con diritto di patronato, fecero erigere e dipingere a proprie spese. Nell’anno del Signore 1541”.

    R. M.

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  • Scultura San Michele Arcangelo

    italia

    Chiesa di San Michele Arcangelo

    Scultura

    San Michele Arcangelo

    Ambito culturale napoletano

    Sec. XVIII (seconda metà)

    Legno Policromo

     

    Church of ” San Michele Arcangelo”

    Sculpture

    Archangel Michael

    Neapolitan cultural context

    18th century

    Polychrome wood

    Il Culto di San Michele è uno dei culti più antichi del territorio grottese. Le prime attestazioni del culto relative a Grottaminarda risalgono alla piena età normanna (XII secolo), anche se la presenza del campanile di Sant’Angelo, edificato nel X secolo, fa retrodatare le origini del culto. Indubbiamente il culto deriva dalla frequentazione longobarda, che nell’area irpina durò dal VI all’XI secolo.

    Un luogo di culto dedicato all’Angelo è attestato a Grottaminarda dal XII secolo nel luogo dove attualmente sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo, nota nella tradizione popolare anche come Chiesa di Sant’Angelo.

    La tradizione storiografica ipotizza che l’antico abitato di Grottaminarda sorse proprio in relazione a questo luogo di culto, che quasi sicuramente in origine doveva essere una dipendenza monastica.

    Non si sa quando divenne indipendente, ma nel XIV secolo, il rettore dell’edificio sacro aveva il titolo di abate, mentre nel secolo successivo l’abate era anche il responsabile della parrocchia di San Michele Arcangelo attestata nel 1522.

    La documentazione superstite attesta che fino al terremoto del 29 novembre 1732 nella chiesa di San Michele il culto all’Arcangelo era legato alla tela del XVII secolo alla quale si ispira, oggi conservata nella Chiesa Madre.

    Dopo il terremoto e quindi la ricostruzione e la riapertura della Chiesa, avvenuta nel 1752, il culto si lega all’odierna scultura lignea di San Michele Arcangelo.

    Nel corso dei secoli sono stati realizzati numerosi restauri, gli ultimi attestati risalgono al 1992 per interessamento dei parroci Don Rocco Salierno e l’Abate Don Vincenzo Barrasso. L’ultimo restauro del 2022, durato tre anni e compiuto per interessamento del parroco Don Carmine Santoro, è stato realizzato dall’artista Margherita Gramaglia e finanziato dai coniugi Dott. Michele D’Ambrosio e Sonia Apollonia Bruno. L’Associazione Rotary Community Corps Av est nell’ambito del progetto App-Art ha seguito tutte le fasi del restauro.

    testi di

     Raffaele Masiello 

     

    The Cult of “San Michele” is one of the oldest cults in the Grotesque area. The first attestations of the cult relating to Grottaminarda date back to the full Norman age (12th century), although the presence of the bell tower of Sant’Angelo, built in the 10th century, backdates the origins of the cult. Undoubtedly the cult derives from the Lombard attendance, which in the Irpinia area lasted from the 6th to the 11th century.

    A place of worship dedicated to the Angel has been attested in Grottaminarda since the twelfth century in the place where the Church of San Michele Arcangelo currently stands, also known in popular tradition as the Church of Sant’Angelo.

    Historiographic tradition speculates that the ancient town of Grottaminarda arose precisely in relation to this place of worship, which almost certainly originally had to be a monastic dependence.

    It is not known when it became independent, but in the fourteenth century, the rector of the sacred building had the title of abbot, while in the following century the abbot was also the head of the parish of San Michele Arcangelo attested in 1522.

    The surviving documentation certifies that until the earthquake of November 29th, 1732 in the church of San Michele the cult of the Archangel was linked to the seventeenth-century canvas which inspired it, now preserved in the Mother Church.

    After the earthquake and then the reconstruction and reopening of the Church, which took place in 1752, the cult is linked to today’s wooden sculpture of St. Michael the Archangel.

    Over the centuries numerous restorations have been carried out, the last certificates date back to 1992 by the parish priests Don Rocco Salierno and the Abbot Don Vincenzo Barrasso. The last restoration in 2022, which lasted three years and was carried out by the parish priest Don Carmine Santoro, was carried out by the artist Margherita Gramaglia and financed by the spouses Dr. Michele D’Ambrosio and Sonia Apollonia Bruno. As part of the App-Art project, the Rotary Community Corps Av est association has followed all stages of the restoration.

     

    R. M.

    Il restauro del 2020-2022

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    Relazione tecnica sul restauro della scultura in legno policromo raffigurante “S.Michele Arcangelo”  della Chiesa di S.Michele Arcangelo in Grottaminarda (AV)

    Margherita Gramaglia

    Stato di conservazione

    La scultura raffigurante S.Michele Arcangelo si presentava  ricoperta da  dipinture che  ne avevano alterato completamente alcune delle caratteristiche originarie.

    Le sovrapposizioni appesantivano l’aspetto dell’opera. Erano visibili stuccature grossolane, effettuate durante interventi precedenti. Lesioni dovute a distacchi della preparazione si notavano in più punti .

    La scultura presentava evidenti problemi statici soprattutto alla base. Quest’ultima appariva sconnessa con cedimenti sia sul piano d’appoggio della scultura che negli angoli.

    Erano, inoltre, presenti numerose lacune anche sulle cornici dorate.

    in costruzione 

    Le braccia di S.Michele Arcangelo erano staccate dal corpo. Sconnessioni erano visibili anche sulla figura del diavolo che presentava evidenti lesioni e sbollature della preparazione che nel tempo avrebbero creato ulteriori distacchi con la conseguente creazione di nuove lacune della pellicola pittorica .

    Sulle gambe del diavolo , si notavano micro lesioni in corrispondenza dei punti di assemblaggio dei vari pezzi che le compongono.  La presenza di fori di sfarfallamento testimoniava un attacco di insetti xilofagi.

    in costruzione 

    Intervento di restauro

    Per il il trasferimento della scultura presso il laboratorio di restauro è stato necessario eseguire la velinatura delle parti più fragili applicando fogli di carta giapponese fatta aderire con resina acrilica. Questa fase preliminare ha evitato danni all’opera durante il trasporto e ha permesso, successivamente, il fissaggio della preparazione pittorica tramite iniezioni di resina acrilica Primal AC33.

    Prima di intervenire con la fase di pulitura è stato necessario  realizzare alcuni saggi di pulitura indispensabili per valutare la consistenza e l’estensione delle policromie sottostanti a quella visibile . Dopo aver valutato il tipo d’intervento si è proceduto con la pulitura asportando le dipinture  con una soluzione a base di  butilammina  e degli strati di stucco sovrapposti con l’azione meccanica del bisturi. Lo sporco grasso è  stato eliminato  con  l’uso di  impacchi di   dimetilformammide ,  amile acetato, alcool, ammoniaca  e acetone .

    Dopo aver effettuato il fissaggio della pellicola pittorica , si è proceduto con  la disinfestazione eseguendo due tipi d’intervento:

    • a) imbibizione con una soluzione di permetrina , che ha reso il supporto ligneo tossico e inappetibile;
    •  b)  immissione di azoto in contenitore sigillato (anossia) dove è rimasta per circa 40 giorni e che ha avuto lo scopo di eliminare i tarli in ogni loro stadio di sviluppo. 

    in costruzione 

    La scultura è stata poi consolidata con la resina acrilica Paraloid B72 e sistemata staticamente. Gli elementi staccati, tra cui le braccia di S.Michele Arcangelo e la testa del diavolo ,sono stati incollati e fissati con l’inserimento di perni che ne assicurano un perfetto ancoraggio. Le lacune sono state integrate con un composto a base di gesso di Bologna e colla di coniglio. La reintegrazione pittorica è stata eseguita con colori ad acquerello e a vernice da restauro. Una nebulizzazione di vernice finale opaca della Lefranc ha concluso l’intervento.

    in costruzione 

  • Chiesa di Santa Maria di Carpignano

    italia

    Parrocchia Santuario Maria SS. di Carpignano
    Edificio sacro

    Chiesa di Santa Maria di Carpignano 

    Sec. XIX



    Parih Sanctuary of Maria SS. di Carpignano 

    Sacred building

    Church of Santa Maria di Carpignano

    XIX th century

    La Chiesa di Santa Maria di Carpignano venne realizzata in occasione dell’arrivo del dipinto, su tavola, della Vergine, attualmente conservata all’interno della Chiesa. Secondo la tradizione la tavola raffigurante la Vergine con Bambino venne ritrovata da alcuni pastori nel tronco o tra i rami di un carpine nel 1150. Con i lavori di restauro effettuati nel 2004 è stato possibile stabilire che il dipinto risale proprio al XII° secolo.

    Secondo lo storico padre Adolfo Rezza (in “Cenni storici del Santuario  di Maria SS. di Carpignano, Roma 1910) la chiesa appartenne, prima, all’Ordine Teutonico, poi, divenne cappella rurale della chiesa di Santa Maria di Grottaminarda, successivamente, fu alle dipendenze della cattedrale di Frigento, infine, il 24.03.1478 fu incorporata ed annessa alle dipendenze della predetta chiesa per espressa richiesta del nobile d’Aquino feudatario di codesto comune e per espressa dichiarazione fattane dal Vescovo di Avellino Giovan Battista Ventura. 

    La proprietà dell’edificio è rimasta della Parrocchia di Santa Maria Maggiore fino al 1910-1911 quando sia l’edificio che i territori circostanti furono assegnati all’Ordine Mercedario e alla costituenda parrocchia di S. Maria di Carpignano.

    L’impianto attuale venne costruito all’inizio del XIX° secolo e ristrutturato integralmente durante la seconda metà dello stesso secolo.

    Successivamente, a seguito dei vari terremoti verificati nel corso del Novecento e di vari eventi liturgici come il congresso mariano del 1954, l’edificio venne ristrutturato e rinnovato più volte.

    L’ultimo intervento risale al 2012.

    L’edifico si presenta ad una sola navata con otto nicchie laterali. L’area del presbiterio è particolarmente allungata per dare spazio ai sedili dei religiosi mercedari e degli operatori pastorali. 

    Sul fianco destro dell’edificio è affiancata una cappella laterale che fu realizzata sui resti dell’antico eremitaggio e del primo convento mercedario.          

    R. M.

    The Church of Santa Maria di Carpignano was built on the occasion of the arrival of the painting, on wood, of the Virgin, currently preserved inside the Church. According to legend, the panel depicting the Virgin with Child was found by some shepherds in the trunk or among the branches of a hornbeam in 1150. With the restoration work carried out in 2004 it was possible to establish that the painting dates back to the 12th century.

    According to the historian father Adolfo Rezza (in “Historical Notes of the Sanctuary of Maria SS. Di Carpignano, Rome 1910) the church first belonged to the Teutonic Order, then it became the rural chapel of the church of Santa Maria di Grottaminarda, after that it was under the control of the cathedral of Frigento, finally on 24th March1478 it was incorporated and annexed under the aforementioned church by express request of the noble Aquino, feudal lord of this municipality and by express declaration made by the Bishop of Avellino Giovan Battista Ventura.

     The ownership of the building remained to the Parish of Santa Maria Maggiore until 1910-1911 when both the building and the surrounding territories were assigned to the Mercedary Order and to the newly established parish of Santa Maria di Carpignano.

    The current plant was built at the beginning of the nineteenth century and completely renovated during the second half of the same century.

    Subsequently, following the various earthquakes that occurred during the twentieth century and various liturgical events such as the Marian congress of 1954, the building was renovated and refurbished several times.

    The last intervention dates back to 2012.

    The building has a single nave with eight side niches. The presbytery area is particularly elongated to make room for the seats of Mercedary religious and pastoral workers.

    On the right side of the building there is a side chapel which was built on the remains of the ancient hermitage and the first Mercedary convent.

    R. M.